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Buoni Pasto: Tassazione dei buoni pasto: quali sono i vantaggi?
I buoni pasto costituiscono una modalità di pagamento equiparata al pagamento in contanti o carta bancomat per l’acquisto del pasto o di alimenti presso esercizi convenzionati con la società che li fornisce. Beneficiano dei buoni pasto circa 3 milioni di italiani, dipendenti del settore pubblico e privato. Vediamo qui quali sono le principali norme in materia fiscale di tassazione dei buoni pasto e di detassazione.
Tassazione dei buoni pasto per il dipendente
La disciplina fiscale che riguarda i buoni pasto non è la stessa per il dipendente che riceve i buoni pasto e per l’azienda che invece li acquista per i suoi dipendenti. Vediamo la differenza.
Tassazione dei buoni pasto per il dipendente
I buoni pasto sono equiparati a compenso in denaro e non si possono convertire in denaro. Poiché corrispondono a un vero e proprio compenso, sono sottoposti alla tassazione irpef se superano il limite giornaliero previsto. I buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore. La normativa prevede infatti che le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro non formano reddito del lavoro dipendente fino a un importo complessivo di 7 € giornaliero (se il buono pasto è elettronico) o di 5,29 € se cartaceo. Non essendo imponibile per il dipendente fino a queste soglie, una eventuale eccedenza deve invece essere imponibile ai fini Irpef. Se ad esempio il lavoratore riceve un buono pasto elettronico di 10 €, la tassazione per questo buono pasto sarà di 3 €.
Direttiva della normativa e diritti
In sintesi, il lavoratore è obbligato a corrispondere le imposte su un importo che si ottiene calcolando la differenza fra il valore facciale (il valore effettivo del buono pasto) e i valori soglia di 7 €/5,29 €. La normativa, tuttavia, prevede che il calcolo del valore soglia possa essere rivalutato dal legislatore sulla base della variazione del costo della vita, o di eventi come la svalutazione monetaria, alfine di rendere sempre effettivo il valore del buono pasto ricevuto. Il diritto di ricevere il buono pasto è diritto di ogni lavoratore, anche se assunto a tempo parziale. Una risoluzione ministeriale del 2006 (118/E del 30 ottobre) sancisce che sono ammessi al buono pasto anche i lavoratori a tempo parziale che non prevedono pausa pranzo. Inoltre, per usufruire della detassazione, i buoni pasto devono essere rivolti a categorie omogenee di lavoratori o dipendenti.
Tassazione dei buoni pasto per le aziende
Se un’azienda acquista buoni pasto destinati ai suoi dipendenti, può dedurre il costo che sostiene per competenza ai fini del tipo di imposta diretta, vale a dire Irpef o Ires. Il costo dell’acquisto dei buoni pasto si deduce in riferimento al periodo d’imposta in cui il lavoratore ha usufruito del buono pasto e è necessario che l’azienda collochi in bilancio alla voce B.7 il costo dei buoni pasto. I buoni pasto, infatti, non rientrano dei costi del personale, ma in quello dei servizi al personale.
Tassazione dei buoni pasto per le aziende: i dettagli
Una circolare dell’Agenzia delle Entrate (n. 6/E/2009) decreta che i buoni pasto forniscono un servizio di sostituzione della mensa, e che per questo la deducibilità non può essere limitata al 75 % come nel caso delle spese di vitto e alloggio.
Disciplina IVA per buoni pasto
Per le aziende è molto importante capire anche quale disciplina IVA si deve applicare all’acquisto dei buoni pasto. Sulla base di alcune modifiche dell’articolo relativo, risalente al 1 settembre 2008, le imprese hanno la facoltà di detrarre per intero l’IVA (con aliquota del 4%), come nel caso delle spese alberghiere e di ristorazione.